Una nuova resistenza. Alcune riflessioni pre-elettorali sulla destra e la sinistra di Ettore Perrella
1. Il 25 settembre gli italiani sono chiamati a votare. Dai risultati di questo voto dipendono molte cose, in primo luogo perché la conclusione anticipata del governo Draghi ha radicalizzato le posizioni della destra, dal momento che il partito di Berlusconi ha rinunciato alle proprie posizioni moderate (di centro-destra), per accodarsi alle scelte di Meloni e Salvini. Invece i partiti di centro e di sinistra, come accade da sempre, hanno continuato a dividersi. Questo dà un peso particolare alle prossime elezioni.
Che cosa non funziona nella politica italiana? Perché il primo partito è diventato quello degli astenuti? Una democrazia in cui la maggior parte della popolazione si disinteressa della politica, o in cui (nel 2017) un terzo degli elettori vota per un Movimento che non sarebbe stato “né di destra né di sinistra” – e che infatti ha formato un governo la prima volta con la destra, la seconda volta con la sinistra, la terza con tutti quanti; e che poi ha fatto cadere questo governo, presieduto da Mario Draghi, con la collaborazione della destra – è una democrazia almeno traballante.
Ora nessuno vuole saperne di allearsi con il M5S, e forse è giusto. La conseguenza di questo è però che gli exit poll, a metà agosto, fanno prevedere approssimativamente una maggioranza del 55% per cento della destra ed una minoranza del 45% per tutti gli altri, compresi il M5S (10%) e la strana coppia Calenda-Renzi (5%)1. Ben inteso, la politica non si fa con le previsioni elettorali, ma sono proprio queste ad aver provocato la caduta del governo Draghi. Quindi teniamone conto. Per superare la destra, tutti i partiti italiani, compreso il M5S e Calenda, dovrebbero aumentare i propri voti d’un 10% circa, ed essere tutti d’accordo su un unico programma di governo.
Purtroppo fra i partiti dell’attuale presunta minoranza almeno due o erano all’opposizione del governo Draghi o ne hanno provocato la caduta. Ne consegue che il 35% ruotante attorno al PD ed a Calenda dovrebbe aumentare i propri voti del 20%. Lo ripeto: questa è aritmetica, per di più molto approssimativa, non politica. E, quando si va a votare, tutto può succedere. Purché gli italiani ci pensino, finché sono in tempo, e decidano nel modo migliore, non solo per se stessi, ma per l’intero paese.
In questa situazione una riflessione a parte merita il M5S, che nel 2017 raggiunse quasi il 30% dei voti, ed oggi è sceso al 10%. Quando si criticano radicalmente le sue posizioni, come fa Calenda (e non solo lui), si ha certamente ragione. Ma ci si dimentica che questo movimento è un sintomo della politica italiana. E che per far passare un sintomo bisogna rimuoverne le cause e non limitarsi ad isolarlo o esorcizzarlo.
Disinteressarsi della politica, come fanno gli astenuti, o ritenere che destra e sinistra siano la stessa cosa, come fanno i grillini, in una democrazia significa considerare indifferenti le scelte delle maggioranze. Purtroppo queste sono entrambe illusioni pericolose, come cercheremo di mostrare.
Perché, allora, in Italia, più della metà della popolazione non si fida di nessun partito politico?
2. Negli anni Novanta, in seguito all’inchiesta Mani Pulite, i partiti italiani crollarono, perché venne allo scoperto il fatto che si finanziavano quasi tutti illegalmente. Bettino Craxi provò a difendersi dicendo che tutti lo sapevano. Peccato che questa non fosse un’autodifesa, ma la confessione d’un reato2. Craxi – che dopo tutto non si era dimostrato un cattivo politico – morì in esilio. Ma la politica italiana, dopo Mani Pulite, non fu affatto migliore di quella precedente, perché ai partiti ideologici della prima Repubblica si sostituirono dei gruppi d’interesse truccati da populismo. Che non erano il M5S, che allora non esisteva neppure.
Dopo la seconda guerra mondiale, l’Italia era stata guidata da una classe politica responsabile, che aveva, se non delle idee, almeno delle ideologie complessivamente affidabili, che culminavano nel contrasto fra i riferimenti cattolici e conservatori della DC ed i riferimenti marxisti del PCI. Ma perché i partiti politici, in seguito al processo, lasciarono cadere anche i loro riferimenti ideologici? Perché sparì il contrasto fra religione e comunismo? Certo, il contrasto fra Peppone e Don Camillo, nei libri di Guareschi, faceva ridere, perché i due s’intendevano benissimo. Ma, dopo Mani Pulite, nessun partito s’è più inteso neppure con se stesso. Ed oggi tutti i partiti, dall’estrema destra all’estrema sinistra, stanno pagando lo scotto di questo fatto, visto che il primo partito italiano è quello dei non votanti.
La causa della svolta prodottasi negli anni Novanta non fu il finanziamento illegale dei partiti. Noi che siamo italiani abbiamo imparato da Machiavelli che l’esercizio del potere politico è sempre colpevole, se non di delitti – e in Italia ne abbiamo visti non pochi, dall’assassinio di Matteotti all’assassinio di Moro –, almeno d’illegalità. Quindi il punto non è questo, perché la gestione del potere ha sempre funzionato così, da Giulio Cesare fino a Mao Tse-tung. Ogni volta che uno Stato fa una guerra commette degli assassini, e questo non è mai stato così vero come nel XX Secolo, in cui sono morte in guerra e per la guerra decine di milioni di persone.
Il fascismo – dice Giorgia Meloni – appartiene alla storia. Ma questa storia non dev’essere dimenticata, tanto più che delle autocrazie e delle guerre esistono anche oggi, come sappiamo da quando, nel febbraio scorso, la Russia ha attaccato l’Ucraina. Non possiamo – non dobbiamo – dimenticarcene, quando andiamo a votare. Putin non è certo fascista, ma i metodi che adotta nella guerra sono, con pochi aggiornamenti – e finché non decidesse, come tutti speriamo che non accada, di ricorrere alle armi atomiche – simili a quelli delle due guerre mondiali. Ed il fascismo ed il nazismo sono nati dalla prima guerra mondiale ed hanno prodotto la seconda.
Finché la politica globale era strutturata dalle ideologie – quella liberal-democratica e quella comunista – i partiti italiani erano stati al riparo dalle indagini giudiziarie, perché l’Italia era un paese a sovranità limitata, nel quale il comunismo non poteva e non doveva giungere al potere.
Non dimentichiamo che, quando Moro e Berlinguer pensarono che questo forse poteva accadere, intervennero gli anni di piombo. Moro, quando era prigioniero delle BR, lo scrisse chiaro e tondo: se i politici italiani non lo avessero liberato, le cose si sarebbero messe molto male per l’Italia. I politici italiani, con una sola eccezione, non vollero liberarlo. E le sue parole si sono pienamente realizzate.
Anche questa è storia? Se non ve ne ricordate, è perché siete ancora giovanissimi. Io invece me ne ricordo come fosse ieri.
Quando la sovranità limitata dell’Italia finì, nel 1989, per la caduta del muro di Berlino, la preclusione della sinistra venne a cadere. Ma un’inchiesta giudiziaria fece crollare tutti i partiti, con la sola eccezione del PCI, che però per sopravvivere dovette smettere d’essere quello che era – un partito popolare – ed unirsi ai cattolici di sinistra, cambiando nome. Nessuno credeva più che il cristianesimo, o il marxismo, o il liberalismo e il socialismo fossero altro che delle finzioni spudorate. Ma questo non era vero, perché i partiti d’una volta non erano fondati solo sulle ideologie, ma anche sulla partecipazione popolare. Dopo Mani Pulite questo non fu più vero, perché le finzioni ideologiche furono sostituite dalle chiacchiere della propaganda e dei social.
Se il M5S ebbe tanto successo, nel 2017, fu perché tutti i partiti avevano smesso di fondarsi sulla partecipazione. Il populismo si affermò per questo. Prima che i cittadini diffidassero dei politici, erano stati i politici a non fidarsi del popolo. E, quando queste due cose succedono, le cose si mettono molto male, nelle democrazie.
3. In fondo il populismo italiano fu inventato da Silvio Berlusconi, quando, non potendosi più affidare ai partiti precedenti, si mise in proprio, fondandone uno suo. Berlusconi non si vergognò di chiamare destra quello che faceva. La sua iniziativa così venne a convergere da una parte con la politica conservatrice della Lega Nord, dall’altra con quello che rimaneva in Italia del fascismo, attraverso il Movimento Sociale, il cui simbolo fiammante è ancora inserito nel simbolo di Fratelli d’Italia. Certo, né Fini né Meloni possono essere confusi con Giorgio Almirante. Ma la tradizione dell’estrema destra, in Italia, qualunque cosa ne dicano i segretari dei partiti, è ancora quella fascista. In fondo, il fascismo stesso fu un grande movimento populista, che cent’anni fa riuscì ad impossessarsi del potere con sistemi che non avevano nulla a che vedere con la democrazia.
Che una destra e una sinistra ci siano dipende dalla democrazia, e non succede meno in Inghilterra e negli Stati Uniti di quanto non succeda in Italia3. Ma nei paesi anglosassoni le differenze fra destra e sinistra non pongono problemi come in Italia, perché alla destra e alla sinistra non corrispondono – o corrispondono molto meno che da noi – delle differenze sociali, culturali ed ed economiche della cittadinanza. Sta di fatto che a nessuno è riuscito, in Italia, negli ultimi trent’anni, di creare due partiti maggioritari, ciascuno dei quali possa governare a seconda dei risultati delle votazioni.
Un partito maggioritario, a dire il vero, c’è, ed è l’alleanza di destra, che in effetti riunisce tre partiti completamente diversi, che però alle elezioni vanno sempre insieme. Invece la sinistra non è mai riuscita a fare come loro, ma si è sempre divisa. E questo non è storia, perché è successo di nuovo pochi giorni fa, alla caduta del governo Draghi.
4. L’unico tentativo d’unire la sinistra in una sola federazione di partiti – l’Ulivo – fallì presto e miseramente. Ed i partiti di sinistra continuano ad essere in disaccordo, con il risultato che, con la legge elettorale pasticciata attuale, che deriva dall’esigenza di costituire un confronto bipolare fra una maggioranza e una minoranza, la sinistra finisce sempre per perdere, anche se spesso, grazie a strane alchimie parlamentari, è tornata spesso a governare. Ma le alchimie non sempre funzionano, se non funzionano le maggioranze dell’unico vero sovrano che esista in Italia, e che è l’insieme dei cittadini e quindi dei votanti.
Perché allora succede questo, da trent’anni? Diciamo in prima approssimazione che la destra sorvola sulle differenze ideologiche, e quindi alle elezioni si presenta unita, mentre la sinistra scambia le idee con gl’ideali, e quindi alle elezioni si divide. E i partiti di sinistra si dividono perché gli ideali dividono, quando si crede che l’amministrazione della cosa pubblica possa modellarsi direttamente sulle idee. Un errore che in Russia e in Cina il comunismo non ha mai fatto. E che invece la sinistra italiana continua a fare ancora oggi di continuo.
La sinistra crede che l’idea produca automaticamente la decisione politica. Non è vero. La decisione politica è un atto. E l’etica è primaria rispetto alla politica perché non sono mai le idee a produrre gli atti, ma sono sempre gli atti a produrre – quando tutto va bene – delle idee.
Se i partiti della sinistra non hanno mai aderito a un unico progetto politico, è, semplicemente, perché non ne avevano nessuno. Il PD stesso, che avrebbe potuto accogliere al suo interno tutte le tendenze della sinistra, non solo non ha voluto che questo avvenisse, ma ha continuato a frammentarsi, con l’uscita di Bersani, di Renzi e di Calenda. Eppure oggi per far fronte all’avanzata delle destre occorrerebbe formare un unico fronte comune.
5. Che ci sia una tendenza conservatrice ed una riformista è normale, dicevo, in tutte le democrazie. Il problema è che la destra italiana – come ha dimostrato la caduta del governo Draghi – non è conservatrice, ma populista. Lo dimostrano i programmi politici che la destra propone oggi agli elettori (vi ritorneremo fra poco).
Certo, in campagna elettorale, si promette qualsiasi cosa, pur d’ottenere successo, anche se si tratta di mete irrealizzabili. Ma siccome l’attuale legge elettorale potrebbe dare alla destra una maggioranza schiacciante, e siccome una maggioranza schiacciante potrebbe anche cambiare la costituzione, senza nessuna consultazione popolare, il rischio che in Italia la democrazia esca ammaccata, se non distrutta da queste votazioni è concretissimo. Non solo perché l’amministrazione oculata di Draghi è stata sacrificata ad un vantaggio elettorale basato solo sui sondaggi, ma perché le promesse della destra, se realizzate, manderebbero a gambe per aria la finanza e muterebbero completamente la posizione internazionale del nostro paese. E questo non solo sarebbe disastroso per l’economia, ma, con una guerra in corso a poche ore di viaggio dall’Italia, è pericolosissimo, perché una maggioranza di destra favorirebbe la Russia, invece che l’Ucraina4. Ed a tutti gli italiani che succeda questo, semplicemente, non conviene.
Agli italiani e a tutti gli europei non conviene sostituire un padrone che sta al di là d’un oceano con un padrone che vive nel cortile di casa. Anzi nel cui cortile di casa vivono tutti i minuscoli paesi dell’Europa (Putin ha avuto almeno questo merito, attaccando l’Ucraina, di aver rispolverato la nostra conoscenza della geografia).
Agli europei converrebbe essere padroni in casa propria, e non dipendere né da Washington né da Mosca. Il fatto è che allora dovrebbero avere una sola politica estera ed un solo esercito. Ma il potere costa, e bisogna pagarne le spese. Cosa che in Europa nessuno vuole fare, eccetto la Germania (recente decisione che, di per sé, è poco rassicurante per tutti gli altri paesi europei).
Invece oggi i pacifisti dicono che non bisogna mandare armi in Ucraina, dimenticando che in questo modo si danno al Cremlino le chiavi non solo del governo di Kiev, ma anche del governo di Berlino, di Roma e di Parigi.
Si vis pacem, para bellum. “Se vuoi la pace, preparati per la guerra”. Questa frase non la dicono gli autocrati di oggi, ma proviene dai romani di due millenni fa, che l’unione europea, per quanto con gli eserciti, erano riusciti a realizzarla davvero.
6. Veniamo, per concludere, alle proposte principali della destra, per il futuro governo italiano, come se l’immaginano Meloni, Salvini e Berlusconi.
Il presidenzialismo. L’Italia è una democrazia parlamentare, non presidenziale. Il fatto che negli ultimi trent’anni il Parlamento abbia gradualmente perduto la sua capacità di legiferare è innegabile. Ma questa incapacità va fatta risalire alla mancanza di progetti politici convincenti ed alla distanza fra i partiti e la popolazione, non al prevalere d’una forza politica sulle altre. E le proposte della destra spesso sono molto più irrealistiche di quelle della sinistra.
La proposta di far eleggere il Presidente della Repubblica direttamente dal popolo, di per sé, non è necessariamente da respingere. Tutto sta a vedere con quali poteri lo si elegge. Nell’attuale situazione italiana rendere elettiva questa carica vorrebbe dire stravolgere completamente i princìpi che stanno alla base della Costituzione. E poi questo Presidente dovrebbe avere gli stessi poteri che ha attualmente o dovrebbe dirigere anche il governo? Nella situazione attuale, entrambe queste soluzioni rischierebbero di eliminare uno degli ultimi baluardi che la democrazia ha in Italia, perché potremmo eleggere un Presidente populista. Ci mancherebbe anche questo. Allora saremmo veramente in un regime populista.
La democrazia è la migliore delle forme di governo possibili, ma richiede che gli elettori abbiano una competenza politica che sembra, se non scomparsa, almeno attenuata, negli ultimi decenni, e non solo in Italia. I non votanti, o coloro che alle scorse elezioni hanno votato per Grillo, voteranno? E voteranno per chi? E chi diventerebbe Presidente in Italia, se fossero gl’italiani ad eleggerlo oggi? Ne consegue che, per cambiare su questo punto la Costituzione, bisognerebbe, prima, tornare alla partecipazione popolare nelle decisioni politiche. E purtroppo non basta una legge per ottenere questo risultato.
7. La tassazione non progressiva. Che in Italia la tassazione sia eccessiva è del tutto evidente. Ma non è riducendo le tasse di tutti allo stesso modo, con una flat tax, come propone la destra, che si risolve il problema. Non solo perché questa riforma costerebbe alla casse dello Stato decine di miliardi, peggiorando così l’assistenza sociale, la sanità e la pubblica istruzione, che invece avrebbero bisogno d’una profonda riforma; non solo perché l’Italia non può accumulare sulle spalle dei giovani dei nuovi debiti; e non solo perché la Costituzione prevede che le tasse siano progressive, vale a dire che chi è più ricco debba contribuire maggiormente ai bilanci dello Stato; ma perché una riforma di questo genere si tradurrebbe immediatamente in un vantaggio solo apparente per le classi medie ed in un vantaggio reale solo per i pochi milionari.
Oggi la maggior parte della ricchezza, nell’intero pianeta, è concentrata nelle mani d’una ristretta minoranza. Questa situazione non è solo moralmente ingiusta, ma è, alla lunga, anche dannosa per l’economia. Invece la ricchezza dev’essere redistribuita, dando di più – non solo stipendi più elevati, ma anche diritti maggiori e maggiori garanzie sociali – alla maggior parte della popolazione, che da trent’anni continua ad impoverirsi. E redistribuire la ricchezza significa togliere qualcosa ai super-ricchi per dare qualcosa di più a tutti gli altri, che sono la stragrande maggioranza5.
8. L’Unione Europea e la NATO. Veniamo ora alla collocazione dell’Italia nell’Unione Europea e nell’Alleanza Atlantica. Naturalmente nella destra nessuno propone di abbandonarle, tanto meno Giorgia Meloni: che però propone d’introdurre una legge che farebbe prevalere la legislazione italiana su quella comunitaria. Questo svuoterebbe ulteriormente il potere dell’Unione Europea; e l’Italia passerebbe dallo schieramento Berlino-Parigi-Roma-Madrid a rafforzare lo schieramento Varsavia-Budapest-Praga. E questo significherebbe di nuovo smettere di stare dalla parte dell’Ucraina per passare dalla parte di Putin6. È questo che vogliamo?
Se l’Unione Europea non avrà una politica estera coerente, le cose si metteranno molto male per il nostro continente, comunque vadano le cose in Ucraina. Occorrerebbe invece rafforzare le istituzioni europee e dare uno sviluppo concreto all’unificazione del nostro continente, perché solo così noi potremmo avere una politica estera europea, cosa che è divenuta urgentissima, da quando gli Stati Uniti, come tutto dimostra, subordinano – nonostante l’Ucraina – gli interessi dell’Europa al tiro alla fune che li oppone alla Cina nel Pacifico.
Oggi l’europeismo della destra è solo di facciata, come il sostegno alla NATO. Paradossalmente, invece, soltanto la sinistra difende l’avanzamento dell’Unione Europea e la sua trasformazione in una federazione, capace di giocare sullo scacchiere planetario.
9. Per finire, ricordiamoci dei diritti civili dei cittadini italiani, che solo faticosamente sono stati allargati, negli ultimi anni, per merito dei governi di sinistra. Invece la destra continua a sostenere che non abbiamo il diritto di decidere della nostra vita, nemmeno se vivere equivale a una tortura senza speranza.
L’Italia ha bisogno d’un buon governo, che si prenda cura dell’economia e della nostra vita; che migliori la situazione economica della stragrande maggioranza dei cittadini; che renda effettivi i nostri diritti e le nostre libertà; che produca una collaborazione effettiva fra gli Stati europei; che mantenga saldi i princìpi stabiliti molti anni fa dalla Costituzione italiana, la quale fu prodotta alla fine della seconda guerra mondiale, che in Italia era stata anche una guerra civile fra il fascismo e la resistenza.
Oggi, soltanto la sinistra può realizzare almeno in parte questi obiettivi, se noi italiani capiremo di dover collaborare con i partiti e fare resistenza ad ogni progetto autocratico, che sappiamo bene quanto caro costerebbe a noi tutti ed alle prossime generazioni d’italiani.
Gli italiani sono tutti i cittadini che sono nati in Italia, che parlano italiano, e che possono contribuire a costruire un futuro migliore per l’Italia, di qualunque colore sia la loro pelle7.
Se dobbiamo resistere alle illusioni proposte dalla destra, è perché dobbiamo costruire un futuro migliore per il nostro paese e per il continente in cui viviamo. E non soltanto per noi, ma anche per i nostri figli ed i nostri nipoti.
1 Queste percentuali, naturalmente, per quel che valgono, sono approssimative.
2 Come disse Antonio Di Pietro in un’intervista.
3 Ma anche negli Stati Uniti la presidenza Trump ha dimostrato che il problema del populismo si pone anche oltre oceano.
4 Non a caso una vignetta umoristica pubblicata in questi giorni, dopo aver ricordato gl’interventi poliglotti di Meloni e Letta, continuava dicendo che adesso mancavano gl’interventi di Salvini in russo e di Renzi in arabo.
5 Da questo punto di vista, non trovo nulla di scandaloso nella proposta di Letta d’istituire una tassa di successione per patrimoni che superino i cinque milioni di euro, allo scopo d’utilizzare queste entrate per favorire l’ingresso dei giovani – di tutti i giovani – nel mondo del lavoro e dell’impresa.
6 Anche se il fronte di Višegrad, in seguito alla guerra, s’è diviso, fra le posizioni più antirusse di Varsavia e quelle molto più concilianti di Orban.
7 Non a caso la destra continua a rifiutare lo ius scholae, proposto dal PD.
nella foto: Fernandel e Gino Cervi nel film “Don Camillo e l’Onorevole Peppone” di Carmine Gallone (1955)