pag. 1 Dopo il massacro. Zelenskyj all’ONU / pag. 2 Kiev, capitale del mondo. Dall’utopia alla politica
Dopo il massacro. Zelenskyj all’ONU di Ettore Perrella
1. Più di un mese è ormai passato dall’aggressione della Russia all’Ucraina ed alcuni nodi iniziano a venire al pettine. Ma ancora non è affatto chiaro che cosa l’Europa è disposta a fare per affrontare questa situazione.
Ieri Mario Draghi ha chiesto agli italiani se preferiscono l’aria condizionata o la pace. È chiaro che tutti rinunceremmo volentieri alla prima, se fossimo certi che questo bastasse per assicurare la seconda. Purtroppo nessuno crede che bastino le sanzioni per arrestare le truppe di Putin.
Però l’Europa siamo noi. Che cosa potrebbero fare dei governi se noi europei rimanessimo indifferenti a quello che succede così vicino a casa nostra? E al rischio che la guerra coinvolga anche i nostri Stati, viziati da ottant’anni di pace garantiti dagli Stati Uniti?
Ma nessuno può rimanere indifferente alle immagini che il Presidente Zelenskyj ha mostrato al Consiglio di sicurezza dell’ONU. Le città ucraine sono troppo simili alle nostre per non immaginare il peggio.
Tuttavia una cosa – che nessuno si aspettava – è ormai sicura: l’Ucraina ha dimostrato d’essere una nazione, disposta a fare di tutto, fino alla morte, per mantenere la propria libertà e per essere riconosciuta come una nazione europea. Questo non dipende dalle decisioni del Governo ucraino, ma dal popolo. E, se il popolo ucraino ha dimostrato di voler rischiare tutto, pur di non cedere, perché noi occidentali dovremmo sacrificare solo l’aria condizionata o il riscaldamento? Eppure noi esitiamo anche davanti all’ipotesi che la Russia non ci venda il gas necessario a scaldarci nel prossimo inverno.
Scrivo “noi” e devo subito chiedermi: esiste un popolo europeo?
Se è dimostrato che il popolo ucraino rischia la vita, pur d’appartenere all’Europa, noi che le apparteniamo che cosa siamo disposti a rischiare? Dov’è il confine fra la decisione necessaria, la scelta e la viltà?
Alla fin fine, ogni decisione politica è una decisione etica. E le decisioni etiche sono individuali. La democrazia ha il vantaggio, su tutti i totalitarismi, di ricordarcelo sempre. Per questo la democrazia è la forma di governo più difficile. E per questo ogni persona ragionevole, oggi, in Europa, sente il peso di questa decisione. In questa guerra siamo già tutti coinvolti, perché questa guerra è, prima di tutto, una guerra con noi stessi.
2. Alcuni anni fa mi chiesi se un popolo europeo esiste o vada costruito, e mi risposi che un popolo europeo senza dubbio esiste, ma non lo sa. I martiri di Bucha e di Irpin ci costringono a porci la questione. Forse per questo la foto del Papa che bacia la bandiera ucraina, sulla quale qualcuno ha tracciato una croce, ha già un significato apocalittico.
Abbiamo bisogno d’essere bombardati e massacrati, per accorgercene? Non bastano le distruzioni e i massacri di Bucha e di Irpin? O, prima, le migliaia di morti dell’Afghanistan, dell’Iraq, della Siria, della Libia?
Devono essere i nostri bambini ad essere torturati e stuprati, perché noi prendiamo coscienza del fatto che anche la vecchia Europa è abitata da un popolo? E che questo popolo è composto da singoli individui, che devono decidere subito che cosa vogliono fare. Tutti lo sappiamo. E non abbiamo scuse per illuderci che queste morti, questi stupri e queste torture non minaccino ciascuno di noi. Tutti siamo stati uccisi, stuprati e torturati a Bucha. E tutti sappiamo che chi difende l’Ucraina sta difendendo anche noi. Perciò, in fondo, ci vergogniamo tutti della nostra ragionevolissima viltà.
3. Non so dire se Volodymyr Zelenskyj è un buon politico. Dovrei saperne molto di più sull’Ucraina, per poterlo valutare. Un ucraino che non ha votato Zelenskyj, intervistato in una trasmissione televisiva, ha detto che, al suo posto, qualunque Presidente sarebbe stato un buon politico. Non ne sono affatto sicuro. Sono certo, però, del fatto che Zelenskyj ha svolto finora il suo compito in modo eccellente, prima di tutto non scappando e poi dicendoci la stessa verità di cui tutti siamo, in fondo, consapevoli: è meglio rischiare la morte che ritornare al totalitarismo.
È stato detto che questa è la prima guerra mediatica, della quale siamo chiamati tutti a testimoniare in presa diretta. Grazie ai mass media, siamo tutti coinvolti in quello che succede a poche ore di viaggio da dove abitiamo.
E tutti sappiamo che questo attore diventato Presidente riesce ancora a dire quel che tutti vedono ma nessuno riconosce, vale a dire che il re è nudo, come nella favola. Pur tenendo conto del peso della propaganda e della retorica belliche, tutti sappiamo che è vero, semplicemente perché lo sapevamo già prima che lui ce lo dicesse.
Ci sarebbe davvero da riflettere sul fatto che solo questo imitatore/ballerino/attore sia l’unico a dire in faccia al mondo come stanno le cose: che il re è nudo, e che questo sta costando la vita a migliaia di persone. E che potrebbe comportare una terza guerra mondiale. E non possiamo consolarci dicendoci che il serial televisivo nel quale Zelenskyj ha fatto il presidente prima di diventarlo è rudimentale e retorico. Sappiamo che la retorica, di per sé, è sempre necessaria, quando si vuole convincere. E che convincere è sempre necessario, anche se forse non basta, anche per vincere.
Zelenskyj, quindi, dice la verità, anche se, certo, non la dice tutta. Per esempio lo ha fatto parlando al Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Se l’ONU, che è nata per garantire la pace, non è in grado di estromettere la Russia da se stessa o di costringere la Russia a ritirarsi dall’Ucraina, allora è meglio che si sciolga. La citazione è quasi testuale. Era davvero tempo che degli uomini politici dicessero un po’ di verità. Che questo stia accadendo, nonostante l’orrore, è confortante.
Invece era evidente a tutti che il rappresentante della Russia, mentre parlava all’ONU, si vergognava di quello che diceva, visto che non è mai riuscito a staccare neppure per un attimo lo sguardo dal foglio che leggeva.
Naturalmente tutti sanno che il re è nudo, anche quando nessuno lo dichiara. Tutti sanno insomma che l’ONU serve a ben poco, perché è nata solo a condizione che di non avere alcun potere, per far finta che un’Organizzazione internazionale potesse garantire la pace, mentre cinque Stati avevano le mani libere, attraverso il diritto di veto che spetta loro nel Consiglio di Sicurezza. L’ONU è sorta dopo la seconda guerra mondiale e corrisponde ad una situazione geopolitica che è tramontata per sempre già trent’anni fa.
Però il fatto che Zelenskyj lo abbia detto durate una riunione del Consiglio di Sicurezza non è indifferente, anche se non può avere effetti immediati. Come non può esserci contro la Russia un processo equivalente a quello di Norimberga, che fu reso possibile solo dalla sconfitta della Germania nazista. Comunque esiste una Corte Penale Internazionale, che potrebbe condannare qualcuno per crimini di guerra o per crimini contro l’umanità. Il fatto che numerosi paesi abbiano sottoscritto gli accordi di Roma, nel 1998, da cui è scaturita questa Corte, collegata all’ONU, comporta che questi Stati abbiano costituito, senza dichiararlo, una blanda sovranità internazionale1. Zelenskyj, appellandosi a questa possibilità, ha di fatto ricordato che la decisione di Mosca di aggredire uno Stato sovrano riportava, di fatto, le lancette della storia a prima del processo di Norimberga, evocato dal suo discorso. In realtà, è come se noi, attraverso i media, stessimo assistendo ad un pezzo di seconda guerra mondiale, riprodotto nel XXI Secolo, negli stessi territori dell’Ucraina che furono insanguinati allora dall’aggressione tedesca all’Unione Sovietica.
Naturalmente Zelenskyj sa bene che queste iniziative possono avere, in pratica, ben poche conseguenze. Ma ha fatto benissimo a ricordare all’ONU che esse sono possibili, perché una sovranità internazionale oggi esiste, pur non avendo quasi nessun potere di decidere alcunché.
4. Lo stesso vale per l’UE. L’UE ha oggi una sovranità sovranazionale, per quanto negata dalle sue stesse regole di funzionamento. Pur avendo deciso la creazione di un esercito europeo (di cinquemila uomini…), non è affatto chiaro chi potrà decidere come usarlo, se basta l’opposizione di un solo membro dell’Unione per impedire ogni decisione dell’Unione.
Non sarebbe tempo di trarne le debite conclusioni? Tutti sanno che l’Europa non può farsi difendere dagli Stati Uniti come accadeva nella guerra fredda, fino a trent’anni fa. Ma nessuno vuole pagarne le spese. Un’Europa divisa in ventisette Stati è destinata a scomparire dalle scene politiche globali, se questi Stati non costituiranno una sovranità comune, vale a dire una federazione, capace di decidere a maggioranza e non con l’approvazione di tutti i paesi che aderiscono all’Unione.
L’Unione Europea è oggi una federazione incompiuta. Eppure l’Ucraina vuole entrare nell’Unione. Dovremmo costruirne una degna d’accoglierla, e che non basti un Orban – rieletto per la quarta volta Presidente dell’Ungheria – a renderla impotente.
Per avere un solo esercito, l’Unione Europea dovrebbe avere una politica estera unitaria. La guerra in Ucraina, dopo la pandemia, ha dimostrato quanto queste decisioni siano urgenti. Ora, un esercito non serve necessariamente per combattere. Bisogna averne uno degno di questo nome, per essere davvero pacifisti.
Confesso di trovare inconcepibile che tanti continuino ad affermare che non bisogna armare l’Ucraina, ma costringere la Russia a trattare. Come si può costringere la Russia a trattare, quando non si riesce nemmeno ad evitare di versare alla Russia un miliardo al giorno, per pagare il gas che ci fornisce?
Se qualcuno vi minaccia per istrada con una pistola, fra la borsa e la vita, non potete che cedergli la borsa, sperando che non giunga al punto d’ammazzarvi comunque.
E il mondo intero è oggi di nuovo sotto la minaccia d’una pistola atomica. Il vero pacifismo dovrebbe comportare la distruzione di tutte le armi, almeno delle armi atomiche. Ma chi potrebbe riuscire oggi a progettare la loro eliminazione, se nessuno si ricorda nemmeno che lo si potrebbe chiedere ai governi?
1 Su questo punto mi sono soffermato in Sovranità, libertà e partecipazione. Per un’etica politica globale, di prossima uscita, solo in formato web, presso l’editore Polimnia.