La politica non può fare a meno di fondersi eticamente. A proposito d’un libro di Carlo Calenda di Ettore Perrella
La vita politica italiana, con la caduta del governo Draghi, continua a dare pessime testimonianze di se stessa. Neppure la pandemia e la guerra riescono a dare dignità alle scelte politiche dei populisti1.
In questo contesto la pubblicazione d’un libro di Carlo Calenda2 dimostra che almeno un politico italiano continua a ricordare che cos’è la politica, non solo in pratica, ma anche secondo ragione. Si tratta in effetti d’un contributo importante per capire dove siamo, quanto all’amministrazione dello stato, e quindi a tutto quello che ne deriva.
Il primo punto che vogliamo riprendere è forse la chiave di volta dell’intero libro. “Partiamo da un punto fermo: non occuparsi di politica è immorale” (p. 141).
Tuttavia, la politica non è un’arte per chiunque. “La filosofia dell’uno vale uno è l’emblema di [una] malattia. La confusione fra il sacrosanto principio di eguaglianza dei cittadini in termini di dignità e l’idea che per questo chiunque, qualsiasi esperienza (non) abbia fatto, possa ricoprire cariche pubbliche, ha dimostrato nello spazio di una legislatura tutto il suo potenziale distruttivo” (p. 138).
La “malattia” però non è solo della politica – o dell’economia –, ma è di tutti noi, proprio perché “non occuparsi di politica è immorale”. In effetti, i politici vengono eletti. E vengono eletti da noi. Quindi siamo noi a dover sapere quali conseguenze ha il nostro voto, visto che viviamo in uno stato democratico. “È colpa nostra, non di altri. Siamo noi, con la nostra passività e la nostra incuria, ad alimentare un sistema di cui costantemente di lagniamo” (p. 142).
Un esempio: la formazione degli analisti3 un tempo era affidata alle associazioni psicanalitiche, senza nessuna confusione concettuale tra formazione individuale e preparazione universitaria o partecipazione ordinistica. Una legge, nel 1989, quindi poco prima del tramonto della “prima repubblica” e dei primi successi del populismo, creò la figura professionale degli psicoterapeuti. Che c’entrava la psicanalisi con questa legge? Niente, dal momento che la psicanalisi non è una psicoterapia, ma una pratica di formazione individuale. E visto che la legge non ne parlava affatto.
Eppure la stragrande maggioranza degli analisti italiani, che non avevano fatto quasi niente, prima dell’approvazione della legge, per influire sulle decisioni delle camere4, corsero ad intrupparsi nelle schiere degli psicoterapeuti e dell’Ordine degli psicologi. Con la conseguenza, trent’anni dopo, che la psicanalisi sta uscendo dal contesto della cultura italiana.
Per questo era – ed è – dovere morale degli analisti difendere la propria pratica da ogni appropriazione indebita da parte d’un ordinamento legale che del resto non si riferisce in alcun modo ad essa (anche se alcuni giudici, a un certo punto, hanno deciso arbitrariamente di farcela rientrare).
So benissimo che questo è un problema minuscolo dinanzi a quelli che il governo italiano dovrà affrontare nella prossima legislatura. Ma è un caso esemplare della complicità fra i cittadini e il malgoverno.
Calenda lo dice chiaro e tondo. “Occorre rifondare un’etica politica intorno ad alcuni valori cardine” (p. 144). In primo luogo occorre ridare alla parola “politica” il suo significato di “arte di governo” (ibid.). La politica è un’arte, come la psicanalisi e il terzo dei “mestieri impossibili” di cui parlava Freud: l’educazione. Per essere dei veri politici non basta dire che cosa ci si propone di fare, ma occorre specificare come lo si vuole realizzare.
In secondo luogo bisogna tornare a quella virtù civile che in Grecia si chiamava parrhesía, vale a dire alla capacità di dire pubblicamente quello che si pensa (p. 145).
In terzo luogo la politica deve confrontarsi sempre con alcuni ideali (p. 150).
Infine “la convinzione che la politica è asservita alle lobby economiche e tecnologiche deve essere sconfitta dalla rettitudine dei comportamenti” (p. 152).
Insomma, la politica non può fare a meno di fondarsi eticamente, soprattutto in un uno stato di diritto democratico.
L’Italia, insieme a tutto l’Occidente, oggi sta combattendo due guerre: una contro una pandemia che, dopo due anni, non è ancora superata, ed una contro poteri autocratici e per nulla democratici, come quello di Putin, che hanno ripreso la sfida della guerra fredda combattendo in Ucraina, per ora, con metodi più simili a quelli della prima e della seconda mondiale che a quelli della guerra atomica. Tuttavia il pericolo della catastrofe nucleare non è mai tramontato, sul nostro pianeta, da quando le bombe atomiche americane distrussero Hiroshima e Nagasaki.
Certo, ufficialmente l’Italia non ha dichiarato guerra a nessuno. Ma la guerra in Ucraina – che nemmeno la Russia ha dichiarato – coinvolge tutto l’Occidente. Quindi, di fatto, l’Italia è in guerra, non solo per metafora. Gli elettori dovrebbero ricordarsene, quando segneranno le loro preferenze sulle schede elettorali, alla fine di settembre.
Si tratta di scegliere la vera politica, invece che i meccanismi illusori dei riferimenti informatici che stanno alla base da sempre del populismo che ci sta tradendo, anche se facendoci credere che lo fa in nome del popolo.
Esiste ancora un popolo italiano? La domanda dev’essere posta, tanto più che non si tratta solo dell’Italia, ma dell’intero Occidente.
Saremo in grado di dimostrare, votando, che il popolo esiste ancora e che preferisce la politica alle chiacchiere di chi dice di difenderlo solo per distruggerlo?
1 Fino al punto che un giornale ha fatto la supposizione che la decisione di far cadere il governo risalga niente meno che a Vladimir Putin. Se questo fosse vero, non si tratterebbe solo di cattiva politica, ma d’un vero e proprio tradimento dei principi dello stato.
2 La libertà che non libero. Riscoprire il valore del limite, La nave di Teseo, Milano 2022. Calenda ammette subito di non essere né un filosofo né uno storico (p.16). E proprio questo è l’interesse del suo libro, che non dice nulla che non si sia stata già detto da molti altri, ma ne trae con totale chiarezza le conseguenze pratiche, quanto alla politica.
3 Di cui si occuperà, il 22 e 23 ottobre 2022, meno d’un mese dopo le prossime elezioni, un convegno, che si svolgerà a Padova, organizzato dalla Comunità Internazionale di Psicoanalisi e dall’Accademia della Formazione, su La psicanalisi come arte liberale. Etica, diritto, formazione.
4 Con la sola eccezione di Pier Francesco Galli, la cui ottima proposta fu però lasciata cadere dal Parlamento italiano.
nella foto: Palazzo Chigi, Sala dei Mappamondi