Polemiche sul 25 aprile di Ettore Perrella
1. Quest’anno, per la festa della liberazione, mi sono rifiutato di lavorare, come mi succede a volte quando le festività non coincidono con il fine settimana. Credo che il mio rifiuto abbia qualche relazione con il fatto che i giornali – anzi i giornalisti – stanno ponendo la questione: il nostro governo di destra come celebrerà l’anniversario? Già il fatto che se la pongano dimostra che “c’è qualcosa di marcio” non “nel Regno di Danimarca”, ma, ahinoi, nella Repubblica Italiana.
Si dice: dopo ottant’anni, da quando il regime fascista fu travolto dagli alleati e dalla resistenza, gli italiani non si potrebbero pacificare?
Pochi danno la risposta giusta, che è NO. Io sono fra costoro, perché sono inguaribilmente democratico. La democrazia italiana è nata da una sanguinosa guerra civile, che ha opposto dal ’42 al ’45 gl’italiani fascisti agl’italiani democratici. E tutti i democratici dovrebbero rispondere con un NO altrettanto netto.
La cosa che mi fa preoccupare è che questa domanda venga posta, come se farsela fosse normale, in una democrazia, come quella che la Repubblica Italiana pretende d’essere dalla liberazione: parola impegnativa, ma che dovrebbe mantenere intatto il suo peso, non soltanto politico, ma etico.
2. Qualcuno – il Presidente del Senato – ha fatto notare che la Costituzione italiana non parla di antifascismo: il che è perfettamente vero, perché questa parola non vi si trova. A dire il vero nella nostra Costituzione si trova anche qualche brandello del regime fascista, come un riferimento ai Patti Lateranensi. Ma una cosa è sicura: ideologicamente, la Costituzione italiana è antifascista. Ideologicamente, il fascismo, come tutte le forme antidemocratiche di governo, è radicalmente rifiutato. L’Italia è divenuta una Repubblica in base al rifiuto totale ed incondizionato del fascismo, del nazismo, dello stalinismo, come d’ogni altra forma di dittatura.
Fra la democrazia ed il fascismo non c’è possibile terreno di paragone comune, come invece c’è per esempio fra il Partito democratico ed il Partito Repubblicano negli Stati Uniti. (Faccio notare en passant che anche negli Stati Uniti la presidenza Trump è sospetta di antidemocraticità, in seguito all’assalto a Capitol Hill, che Trunp non solo non ha impedito, ma ha anche incoraggiato).
Ideologicamente, quindi, non c’è nessun possibile confronto fra la democrazia ed il fascismo, come nella religione non c’è fra il Bene e il Male. Ideologicamente, il fascismo è assimilato al Male. Hitler, Stalin, Mussolini sono, ideologicamente, figure dell’Anticristo. Con essi non c’è pacificazione possibile. Per questo la seconda guerra mondiale si concluse con la resa incondizionata del nazismo e del fascismo. Restò il problema di Stalin, che continua a presentarsi oggi in Ucraina, anche se Putin non si dichiara certo comunista.
Ideologicamente, il problema non è se Putin ha torto o ragione: Putin ha torto. Ammettere che uno Stato possa allargare con la guerra il proprio territorio con la guerra, dopo il costituirsi dell’ONU, significa buttare a mare l’ideologia (di nuovo) del rispetto, almeno formale, della sovranità di ciascun singolo Stato. Se questo rispetto non c’è più, ritorniamo tutti alla situazione in cui ci trovavamo nel 1939.
Questo significa che l’ONU avrebbe dovuto condannare l’aggressione militare in modo unanime, cosa che invece non è accaduta. Insomma, c’erano tutti gli elementi perché l’aggressione della Russia all’Ucraina scatenasse la terza guerra mondiale, come quella della Germania alla Polonia ha scatenato la seconda. Ma nessuno ha mosso un dito, se non gli ucraini, che continuano a morire.
Si dirà: anche i russi continuano a morire. Umanamente, ne sono desolato, anche perché, per me, la Russia è molto più familiare e più importante dell’Ucraina. Questo però non significa che, politicamente, le due posizioni siano simmetriche, e che Putin abbia altrettanta ragione di Zelensky.
3. La politica, si sa, non è l’ideologia. Certo, ma le idee devono averci parte. Se no la politica diviene burocrazia, e la burocrazia non è mai democratica, neanche quando finge d’esserlo.
Da un punto di vista ideale, che il Presidente del Senato Ignazio La Russa dica che i partigiani a Roma avevano ammazzato una banda di pensionati, così giustificando sotto sotto la strage delle Fosse Ardeatine, non è conciliabile con la Costituzione italiana. Come il fatto che il suddetto celebri il 25 aprile a Praga, celebrando Jan Palach. Ben inteso, Jan Palach deve essere celebrato, perché si è opposto al fascismo, pardon al comunismo dell’Unione Sovietica. Ed io ricordo ancora quando le truppe russe invasero la Cecoslovacchia, chiudendo la promettente stagione della primavera di Praga. Quindi Jan Palach è stato vittima della dittatura incostituzionale, esattamente come lo sono state le vittime delle Fosse Ardeatine. Perché allora il Presidente del Senato non deve celebrare il 25 aprile a Roma, e trovare un altro giorno per Jan Palach?
Sono passati ottant’anni dalla liberazione, ma il fascismo ci è ancora vicinissimo. Per dimostrarlo, racconterò un piccolo brandello autobiografico, che per fortuna non ha nessuna rilevanza giornalistica.
4. Un giorno mi capitò, non ricordo per quale motivo, di consultare il catalogo della Biblioteca Nazionale di Firenze. Mi venne la curiosità di vedere se io comparivo fra gli autori. Effettivamente qualche titolo c’era. Fra questi però un titolo mi fece subito un effetto totalmente straniante: Il fascismo fra i piccoli. Ero sicuro di non averlo scritto io, ma quel titolo mi parve stranamente familiare. Finché non ricordai. L’Ettore Perrella che lo aveva scritto era mio nonno, il padre di mio padre, il cui nome e cognome avevo ereditato. Era un maestro elementare (come mia nonna, che m’insegnò a leggere e a scrivere, nel 1957, consentendomi così d’iscrivermi direttamente alla seconda l’anno dopo). E quel libro io l’avevo visto e sfogliato quando mio nonno morì ed emersero delle carte che aveva conservato.
Era un libretto di poesie scritte per i bambini, durante il regime: metricamente impeccabili, ma il cui contenuto era mera propaganda fascista. Mio nonno era stato fascista? Temo di sì, almeno come la maggioranza degli italiani lo era stata nel ventennio. Del resto viveva a Gallipoli, che era la patria di Starace. E fra le sue carte, quando morì, emersero anche delle copie della “Difesa della razza”. Per ignoranza (io ero ancora un ragazzino: credo d’essere iscritto, allora, alla seconda media, e quindi non sapevo niente dell’antiquariato librario) furono buttate via, senza tenere conto del fatto che potevano forse avere qualche valore nel mercato (e non solo per i pochi sopravvissuti antisemiti fascisti, ma anche per gli antifascisti, gli ebrei primi fra tutti).
Vedete quanto il fascismo ci è vicino? Io me lo sono trovato appiccicato addosso addirittura nel catalogo della più importante biblioteca italiana.
5. Veniamo ora al punto preoccupante: oggi si dice che le polemiche sul 25 aprile potrebbero essere superate. NO, non possono. Perché la destra italiana non è una destra liberale. In Italia – su questo bisognerebbe interrogarsi – è sempre mancato un partito di destra rispettabile (con l’unica eccezione, defunta da decenni, del Partito Liberale). E questo non giova affatto alla democrazia italiana. Ed è grave che tanti pensino che le polemiche sul 25 aprile potrebbero essere superate, e che tanti abbiano votato, alle ultime elezioni, per un partito che, certo, non è fascista, ma che neppure riesce a dirsi antifascista. Perché un partito di destra liberale può essere antifascista, senza cessare d’essere di destra. Fratelli d’Italia saprà diventare un partito di destra liberale? Fino ad ora, purtroppo, non ci sono molti motivi per sperarlo.
Del resto il fascismo stricto sensu è una tendenza (sotto)culturale degli anni Venti e Trenta dello scorso secolo. Certo, nessuno può essere fascista oggi, come lo fu cent’anni fa la nostra bella Italia. Ma la parola “fascismo” non ha solo un significato storico, perché ne ha anche uno categoriale, grazie al quale possiamo dire che anche molti regimi comunisti sono stati e sono ancora almeno in parte “fascisti”, almeno perché antidemocratici. Il “sotto” quindi è bene che stia fra parentesi, nell’aggettivo “sottoculturale”, perché al Duce non credette solo mio nonno, che in fin dei conti era solo un maestro elementare, ma scrisse una lettera piena d’ossequio anche Luigi Pirandello, e dedicò un libro persino Sigmund Freud.
Vedete quanto il fascismo – proprio quello di allora – ci è vicino?
È grave che tanti non se ne accorgano. Le dittature allignano sempre nelle nostre comode dimenticanze.
Italiani, non facciamoci fregare un’altra volta.