Buon lavoro, Segretaria di Ettore Perrella
Come molti italiani, nelle ultime settimane m’ero chiesto se sarei andato a votare per le primarie del PD: partito al quale, dopo la parentesi renziana, avevo smesso d’iscrivermi, per aver continuato a constatare che, al suo interno, di tutto si poteva parlare, fuorché di politica.
Dopo il meritato – e prevedibilissimo – tracollo alle ultime elezioni, il presunto congresso del PD non aveva elaborato – di nuovo! – una sola idea politica, che consentisse di pensare che qualcosa, forse, incominciasse a rivivere, per la sinistra italiana. Perciò scegliere un segretario, al posto d’una linea politica, mi pareva il solito imbroglio.
Il problema, per il PD, non è mai stato con chi allearsi. Tutti i partiti italiani non di destra provengono, infatti, se non dalle sue liste – come Italia Viva e Azione – almeno dall’area ideale del PD: come il M5S, che semplicemente non esisterebbe, se il PD avesse accolto al suo interno, fin dal primo momento, l’area laica della politica italiana: socialista, liberale, radicale. Invece proprio questo non era mai avvenuto.
Tuttavia non andare a votare mi pareva indecente. E sono stato in dubbio fino alla sera prima se votare scheda bianca o “prendere partito” per una delle due candidature. Alla fine avevo deciso, nonostante la stima che avevo per Bonaccini, di voltare Schlein, perché solo lei corrispondeva all’area “movimentista” e di sinistra laica, che il PD aveva sempre tentato d’escludere dalle proprie gerarchie. La Schlein, in effetti, s’è iscritta al PD solo molto di recente. Quindi sicuramente non appartiene all’apparato (pur essendo sostenuta da una parte dell’apparato).
Tutto il problema politico italiano, infatti, riassunto in poche parole, mi sembrava risiedere in questo: fin dalla caduta del muro di Berlino, dinanzi al crollo dell’ideologia comunista nell’Unione Sovietica, il PCI, divenuto PDS, aveva pensato di doversi spostare al centro, e non trovare, come invece avrebbe dovuto, un altro modo di essere a sinistra.
La sinistra, oggi, certo non può illudersi che esista ancora il comunismo. Deve però ricordarsi che deve continuare a difendere gl’interessi dei non privilegiati, e quindi opporsi allo pseudo-liberismo economico che da cinquant’anni ha fatto retrocedere la classe media a neo-proletariato. Il quale, non sentendosi difeso dalla sinistra, è passato a votare per la destra.
Così domenica 26 febbraio ho votato Schlein. E mi ha profondamente consolato, la sera, alla fine delle votazioni, sentire in una trasmissione televisiva che lo stesso ragionamento mio del giorno prima veniva da fatto – da chi? Niente meno che dall’ultimo segretario del PCI, Achille Occhetto. Dove si dimostra che il passare del tempo non necessariamente coincide col progresso.
Confesso che, subito dopo aver sentito Occhetto, sono stato insieme stupito e rallegrato dal fatto che lo stesso ragionamento mio e di Occhetto era stato fatto non dalla maggioranza degli iscritti del PD (che aveva scelto Bonaccini), ma dai “liberi” elettori.
Auguro buon lavoro ad Elly Schlein. La quale tuttavia, da sola, non potrà fare molto, se non modificherà il partito, rendendolo una buona volta insieme più inclusivo e di sinistra. Questo è il macigno numero 1 che dovrà affrontare.
Provo ad elencare gli altri, come mi vengono in mente (questa non è una gerarchia, ma soltanto un elenco, sicuramente parziale).
Numero 2: salvaguardare gli interessi dei meno abbienti e fare in modo che tutti i cittadini italiani possano, se non altro, vivere con decenza.
Numero 3: progettare una politica adeguata del lavoro, il che significa fare il modo che le imprese italiane continuino ad esistere, invece d’essere liquidate da un capitale divenuto internazionale (l’unico che abbia beneficiato del liberismo economico).
Numero 4: assicurare una politica dell’immigrazione sensata e realizzabile (non a caso lo stesso giorno delle primarie è stato funestato dall’ennesimo naufragio presso le coste calabresi).
Numero 5: rispettare le norme costituzionali che garantiscono la libertà d’insegnamento ed il diritto del lavoro, assicurando che la libertà di formazione individuale non venga macellata dalle norme che impongono un sedicente aggiornamento delle competenze, che invece produce solo una proletarizzazione dei professionisti.
Numero 6: accorgersi che i paesi europei sono gli unici, fin dal primo momento, ad aver perduto la guerra in Ucraina, perché hanno ceduto agli Stati Uniti il primato nelle decisioni geopolitiche. Gli Stati Uniti dovrebbero essere i paesi europei che rientrano nell’Unione: cosa che non farebbe piacere né alla Russia di Putin né all’America di Biden. Ma che è essenziale per la sopravvivenza dell’Europa.
Numero 7: tenere conto del fatto che l’unico pacifismo serio è quello, armato fimo ai denti, che è l’unico a poter imporre la pace a tutti gli aggressori (ivi compresi Russia e Stati Uniti).
Credo – per concludere – che oggi potrei tornare ad iscrivermi al PD, visto che gl’italiani hanno dimostrato di volere un partito di sinistra. Spero solo che gli apparati del partito siano in grado di “trarre partito” da questa indicazione.