Fascismo, sovranismo, populismo di Ettore Perrella
Sono usciti di recente due pamphlets1 che vertono sulle forme attuali del fascismo: argomento di cui si parla molto, solitamente per dire che il fascismo non c’è, essendo finito nel 1945. Perché questo argomento sia particolarmente attuale, soprattutto da quando in Italia il primo partito politico è diventato un partito di estrema destra, che presiede da più d’un anno il governo, è del tutto evidente, e quindi non serve fare la fatica di dimostrarlo. Dalla lettura di questi due brevi libri vorrei comunque trarre qualche frutto, scrivendo adesso delle mie considerazioni, nel caso che (quando le cose vanno molto male, essere ottimisti non guasta…) questa mia lettura incoraggi qualche suo lettore eventuale a riflettere anche lui. Ma di questo riparleremo alla fine2.
Incomincio dal libro di Scurati, Fascismo e populismo, che dimostra che il populismo attuale non è che la faccia seducente del fascismo. Scurati lo dice molto chiaramente fin dalle prime pagine: siccome la destra italiana non ha mai dimostrato d’essersi distaccata dal neofascismo, che un tempo faceva capo all’MSI (Movimento Sociale Italiano), «è facile prevedere che verrà battuta la seconda strada, quella del revisionismo fazioso e odioso»3. E continua: «Nato alla fine degli anni sessanta, io appartengo […] all’ultima generazione di ragazzi del secolo scorso»4. Quindi, per scrivere M (una biografia romanzata di Mussolini),
sarebbe stato indispensabile partire dal presupposto che noi, gli italiani, eravamo stati fascisti, che il fascismo era stata un’invenzione del nostro popolo, che il fascismo era stato e sarebbe rimasto non una deviazione dal suo corso regolare ma il momento centrale della nostra storia contemporanea5.
Antonio Scurati ha profondamente ragione, perché il fatto che il fascismo sia finito in Italia ottant’anni fa non significa che non ci riguardi ancora oggi.
Viene un momento in cui non è più lecito nascondersi. Chi vuole raccontare la Storia – quella con la maiuscola, la vicenda collettiva dei popoli nel corso del tempo, quel tempo che diventa umano soltanto entrando in un racconto – deve riconoscersi come parte di essa. Chi aspira a questo genere di narrazione deve dichiararsi colpevole.
Colpevole di cosa? Di essere uno dei tanti. Di essere come tutti. Come tutti coinvolto, implicato, colpevole6.
Il fascismo fa parte di noi, cari italiani. E quindi, anche oggi, se non siamo apertamente antifascisti, siamo complici di quel regime orrendo, che dominò l’Italia per un quarto di secolo. Ed esserlo è molto grave, non solo moralmente, ma anche, nel mondo in cui viviamo, politicamente.
Certo, oggi non corriamo il rischio di rivedere i balilla e le camicie nere – benché le camicie nere siano ancora fra noi, come si può imparare dalla cronaca –, ma anche perché il fascismo continua ad essere sostenuto, senza dirlo, da tutto l’Occidente. Almeno è questo che dimostra, in modo cristallino, e con la sua rarissima ed invidiabile competenza storia, Luciano Canfora nel suo aureo libello, intitolato Il fascismo non è mai morto.
Nell’introduzione, Luciano Canfora scrive:
Nella liquidazione di Moro i sedicenti “rossi” furono la manovalanza, mentre la Loggia P2 in stretta collaborazione con i “servizi” USA e i nostri “servizi deviati” faceva fallire la liberazione dell’ostaggio.
Il PCI condannò e combatté i sedicenti “rossi”. Il Movimento Sociale Italiano (MSI) non ruppe mai esplicitamente con i “neri”. Il ruolo condizionante di forze apertamente neofasciste nella demolizione della Repubblica è stato dunque evidente. E dimostra che anche forze numericamente minoritarie, se autorevolmente protette e pilotate, contano molto.
Antropologicamente «il fascismo è scomparso», ma questo non è vero politologicamente. «I neòteroi del post-fascismo» sono «“mezze tacche”», dice Canfora, e continua:
Il fascismo invece seppe arruolare […] il fior fiore del ceto intellettuale e accademico italiano. […] Da questo angolo visuale, davvero il fascismo è finito. E la sua caricatura non fa neanche ridere.
Oggi i “capaci” preferiscono comandare da remoto, dai posti di comando delle inattingibili “istituzioni europee”.
Vero è che uno che se ne intende, Giulio Tremonti, definì questi ovattati signori «fascismo bianco», O anche «fascismo finanziario»7.
Tutto ciò che dice Canfora in questo breve libro è sostenuto da prove inoppugnabili, e quindi è indiscutibilmente vero. Ora però, naturalmente, non posso riprendere l’intero contenuto del suo scritto, perché m’interessa di più sottolineare due situazione: quella della Germania e quella dell’Italia.
Quando la Germania, nella guerra fredda, fu divisa fra i due blocchi, facendo diventare la Repubblica Federale un «“baluardo” antisovietico», «la defascistizzazione della Repubblica Federale (avviata inizialmente dagli occupanti) fu bloccata. Si preferì l’oblio di Stato»8, mentre nella Germania orientale prevalse «l’antifascismo di Stato coniugato al dogmatismo»9. Questo fece sì che, dopo la riunificazione del paese, il centro delle nostalgie per il nazismo si situasse più chiaramente nelle zone orientali.
Prima della guerra, Churchill aveva manifestato stima per Mussolini, che definì «il più grande statista vivente»10. Il fascismo era insomma, per gli inglesi, la soluzione migliore del problema che si poneva a tutta l’Europa un secolo fa: come evitare che la rivoluzione bolscevica si riproducesse in altri paesi: «Il governo di Mussolini era la soluzione giusta del “caso” italiano»11.
Nel dopoguerra, il Movimento Sociale Italiano fu, ovviamente, un partito neofascista12. E Giorgia Meloni, nel suo discorso d’investitura davanti alle Camere, non nascose di provenire da quella militanza, cosa che del resto era già nota a tutti13.
E qui veniamo all’essenziale, che è nella conclusione. L’attuale destra italiana ha una «natura anfibia», dice Canfora, perché, pur pretendendo d’essere una destra democratica, in realtà non ha mai sconfessato le sue derivazione neofascista.
In ragione della sua natura anfibia, non sarà agevole contendere, a questa destra, consenso. Lo si è visto, per esempio, su di un terreno rilevante per le sue conseguenze sull’economia e perciò sulla vita quotidiana: quello della guerra NATO-RUSSIA, in cui siamo stati sospinti.
La destra di governo si proclama quotidianamente “atlantista” e obbedisce alle direttive USA-NATO (per il nostro Paese autolesionistiche). Contemporaneamente la destra “sociale” si manifesta ostile a tale asservimento e cerca di agire di conseguenza. Così la destra nel suo complesso occupa entrambi gli spazi: anche quello lasciato, com’è suo solito, vuoto dall’opposizione.
Se però è in gioco “il capitale” il gioco non funziona14.
Ce ne siamo accorti tutti quando la destra si è messa a fare la “destra sociale”, ed ha proposto di tassare gli osceni extraprofitti delle banche, perché subito è stata fermata. Cito:
Ma veniamo alle comiche del vano attacco agli extraprofitti bancari. Ha subito reagito l’alleato di governo a vernice liberale, caricatura tardiva del vecchio Partito Liberale Italiano. Ma soprattutto hanno reagito, ottenendo rapido successo, i cani da guardia del Capitale Finanziario Internazionale (i vertici BCE), inducendo il presidente del Consiglio del governo italiano ad una rapida ritirata15.
E qui veniamo al punto capitale dell’intero problema: che relazione c’è fra il capitalismo finanziario attuale e la politica di destra (ma anche di quella sovranista e populista)?
È questo, a mio modo di vedere, il nocciolo del problema, in cui siamo entrati ormai molti anni fa, quando è terminata la guerra fredda, con la caduta del muro di Berlino. Lo smantellamento dell’Unione Sovietica parve dare ragione in tutto al capitalismo finanziario made in USA.
Naturalmente, non mi soffermerò su questo punto, sul quale mi sono già espresso ad abundantiam altrove16. Qui vorrei rilevare solo due punti, diversi, anche se collegati.
Il primo è che il fascismo sembra il contrario del populismo, ma non lo è per niente. Antonio Scurati, nel suo libro, lo ha dimostrato perfettamente a proposito di Mussolini, che non fu solo l’inventore del fascismo, ma anche l’ideatore del sovranismo populista17. Le attuali destre sovraniste europee – non solo in Italia, ma anche in Spagna, Francia, Polonia, Ungheria ecc. – non si presentano come movimenti fascisti, ma appunto come movimenti sovranisti. Tuttavia ci vuole poco, come ha dimostrato Canfora, a veder spuntare il ghigno nazifascista, se si gratta un po’ sotto la superficie. E questo è preoccupante, nel momento in cui abbiamo constatato da decenni che la politica degli Stati Uniti punta più a salvaguardare gl’interessi del capitale che a difendere i princìpi della democrazia. E che dire della nuova elezione del Presidente di quella grande democrazia, in un momento in cui gli elettori sono chiamati a scegliere – come si è espresso di recente il giornalista Federico Rampini – «fra un delinquente e un deficiente»?
E qui veniamo al secondo punto, a mio avviso il più grave, che è appunto quello della democrazia. Come si spiega che all’avanzata preoccupante del sovranismo populista tutte le forze democratiche, di sinistra o di destra18 – da decenni, e non soltanto in Italia – non abbiamo saputo rispondere con nessun programma politico concreto?
Purtroppo devo concludere queste riflessioni con una constatazione desolante: finché non apparirà da qualche parte una proposta politica che sia in grado di riprendere quei principi democratici, insieme politici e sociali, che avevano prodotto tanti risultati eccellenti, fra la fine degli anni Quaranta e la fine degli anni Sessanta dello scorso secolo – quando io ero solo un ragazzino –, la situazione politica globale non potrà che peggiorare. Ed è appunto su questo che, fin dall’inizio, volevo richiamare l’attenzione dei miei eventuali lettori.
Quindi, cari italiani e cari europei – lo dico per risollevarmi da questa constatazione melanconica –, dobbiamo ancora tutti fare resistenza – prima di tutto in noi stessi –, all’avanzare del sovranismo fascista, nella nostra vecchia Europa, sempre più zoppicante.
1 A. Scurati, Fascismo e populismo, Bompiani, Milano 2023; L. Canfora, Il fascismo non è mai morto, Dedalo, Bari 2024.
2 Questo testo è una versione abbreviata d’una recensione che sarà pubblicata integralmente sul “Giornale di bordo” n° 5.
3 A. Scurati, op. cit., p. 17.
4 Ivi, p. 18.
5 Ivi, p. 26.
6 A. Scurati, op. cit., p. 13.
7 L. Canfora, op. cit., p. 10 sg. La cit. nel testo proviene da G. Tremonti, Uscita di sicurezza, Rizzoli, Milano 2012, p. 120.
8 Ivi, p. 43.
9 Ivi, p. 45.
10 Ivi, p. 50.
11 Ivi, p. 51
12 Ivi, p. 59.
13 Ivi, p. 60.
14 Ivi, p. 73.
15 Ivi, p. 74.
16 Mi riferisco in particolare alla seconda parte, Sovranità democratica, diritto, economia, del quarto volume, di prossima pubblicazione, del mio Sovranità, libertà e partecipazione. Per un’etica politica globale, Polimnia, Sacile 2022.
17 A. Scurati, op. cit., p. 32.
18 In Italia una destra davvero democratica non c’è più stata, dopo Benedetto Croce.